Testo tratto dall’intervista con Giorgia Fumagalli in data 02/02/2024.
In realtà come ispirazione ho vari riferimenti: la tradizione, la quotidianità, la letteratura, i viaggi. Credo che anche la rielaborazione dell’architettura moderna sia una chiave progettuale importante.
Come nasce la tua passione per l’architettura? Quando? Dove?
Io sono cresciuta nella tipica casa bottega brianzola perché la mia famiglia materna è una famiglia di falegnami, per cui quotidianamente venivo a contatto con questa realtà artigianale che in qualche modo mi ha lasciato un imprinting. Nonostante gli studi classici, ho avuto un “ritorno di fiamma” in questo mondo che ho imparato a conoscere fin da subito, tanto che ho dei ricordi insieme ai miei cugini in cui utilizzavamo dei pezzi di legno come giochi estemporanei, oppure dei pannelli di truciolato per disegnare.
Da una parte credo che questo sia stato un impulso veramente forte e dall’altra ho un ricordo di un viaggio a Barcellona. Questi sono stati gli input che hanno fatto scattare quella passione per cui poi l’architettura è diventata anche il mio mestiere.
Da cosa trai ispirazione? Hai un mentore?
In realtà come ispirazione ho vari riferimenti: la tradizione, la quotidianità, la letteratura, i viaggi. Credo che anche la rielaborazione dell’architettura moderna sia una chiave progettuale importante. Per quanto riguarda i mentori, mi piace ricordare sempre il professor Caliari, nonché mio relatore di tesi che mi ha trasmesso quello che lui chiama il “fuoco sacro dell’architettura” e la passione per il mondo degli interni e degli allestimenti.
Con lui ho partecipato anche al master di Architettura per Archeologia e Allestimenti, un’esperienza che mi ha lasciato veramente tanto, sia a livello progettuale nel mio lavoro, che poi a livello di esperienza di vita. Fondamentale per me, una volta entrata nel mondo professionale, è stato lo studio Pontidea, dove effettivamente mi sono affacciata alla realtà lavorativa.
Con quali studi hai avuto l’opportunità di collaborare?
Diciamo che ho una doppia anima, nel senso che da una parte ho sempre avuto un occhio sulla realtà milanese e ho collaborato con vari studi come Studio Werk, Studio Modourbano e NGA Architects, mentre dall’altra sono rimasta nella mia provincia presso lo Studio Pontidea a Cesano Maderno. Ho affrontato le diverse scale del progetto, ma soprattutto gli interni e il retail, “dal cucchiaio alla città”.
Qual è la tua situazione lavorativa al momento? Di cosa ti occupi all’interno dei diversi studi?
Sto mantenendo questo dualismo, quindi da una parte seguo i progetti all’interno dello Studio Pontidea, occupandomi dalla pratica burocratica fino alla progettazione, affrontando varie tematiche fino al dettaglio, una realtà che rispecchia gli studi più piccoli, mentre con NGA Architects seguo prevalentemente progetti di retail, dal concept alla realizzazione effettiva del progetto, arrivando quindi da un’idea iniziale fino al dettaglio e al particolare. Collaboro anche con colleghi e saltuariamente facciamo concorsi, oltre che seguire progetti personalmente, occupandomi della scala degli interni e dell’arredo.
Collaboro anche con colleghi e saltuariamente facciamo concorsi, oltre che seguire progetti personalmente, occupandomi della scala degli interni e dell’arredo.
Qual è stato il tuo primo incarico?
Il mio primo incarico in realtà viene dalla bottega: si trattava della realizzazione di uno studiolo, un tema sempre caro agli architetti.
Pensi che la giovane architettura italiana sia valorizzata nel modo giusto e sei a conoscenza di eventi o promozioni a riguardo?
Penso che non venga valorizzata abbastanza, nonostante ci siano delle iniziative che la vogliano promuovere. Per esempio mi viene in mente il Premio dell’Architettura seguito dal MAXXI e dalla Triennale di Milano.
Essendo anche parte della Commissione Giovani dell’Ordine di Monza, avevamo voluto cogliere l’occasione di Open! promosso dal Consiglio Nazionale degli Architetti per farlo diventare una vetrina per i giovani studi della provincia.
Come mai hai deciso di associarti al collettivo monzese?
Credo che sia una grande opportunità per far conoscere la qualità che esiste anche nella provincia, sia a livello progettuale che “ricchezza” territoriale. Essendo vicino a Milano, spesso la nostra provincia passa in secondo piano. In realtà esiste un background legato all’artigianato e al mondo del mobile, quindi penso che avere un riferimento all’interno del collettivo monzese possa essere da una parte un grande motivo di confronto con colleghi della mia età e dall’altra possa far scaturire nuove iniziative di valorizzazione sia nostra che del territorio in cui siamo immersi ma parte attiva.
Quale progetto ti ha dato più soddisfazione nei diversi ambiti in cui hai lavorato?
Ho sempre condiviso i grandi progetti con gli studi con cui collaboro e una delle esperienze più importanti è stata la costruzione di una villa in x-lam a Giussano che, effettivamente è stato il primo cantiere che ho seguito dallo scavo fino all’aperitivo di inaugurazione, quindi è stato veramente significativo per me e per la mia crescita personale.
In quel caso ho potuto effettivamente sperimentare il progetto a diverse scale, dai primi studi planimetrici fino ai dettagli degli arredi su misura.
Cosa ti auguri per il futuro?
Mi auguro di proseguire fino a raggiungere una maggiore autonomia. Spero anche che con il collettivo monzese si possano fare grandi cose.
Fonti:
Giorgia Fumagalli Linkedin
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