Benjamin Gallegos Gabilondo e Marco Provinciali, entrambi formatisi allo IUAV di Venezia, sono i membri fondatori dello studio d’architettura Supervoid la cui sede si trova a Roma. Dal 2016 in avanti, si sono occupati di numerosi progetti a varie scale, in Italia, in Cile e negli Stati Uniti. I giovani architetti sono apparsi inoltre in due edizioni della Biennale veneziana, nel 2014 e nel 2016. Vantano anche l’inclusione nella rosa dei candidati per il Lisbon Triennale Millennium bcp Début Award del 2019. Oggetto di svariate pubblicazioni nelle riviste di settore, hanno provveduto loro stessi a scrivere, e dare alle stampe, articoli e riviste.
Massimo De Carlo – Unico e ripetibile, Triennale di Milano, 2018, (concorso – selezionati)
Lo spazio a pianta quadrata si anima di espositori a croce disposti in modo irregolare. Attraverso l’utilizzo di specchi a parete, lo spazio si moltiplica visivamente dando al visitatore la percezione di uno spazio illimitato e infinitamente riproducibile, che è poi il messaggio che i progettisti vogliono esprimere. In questo modo inoltre, tutte le stanze appariranno, erroneamente, delle stesse dimensioni, cosa che non sarebbe in alcun modo realizzabile vista la varietà di opere da esporre. I grandi poster di AG Fronzoni saranno evidentemente contenuti in spazi più ampi rispetto agli arazzi di Alighiero Boetti.
L’allestimento, costituito da pannelli metallici smontabili, rievocando le tipiche esposizioni temporanee fieristiche così come i depositi e gli spazi di archiviazione in musei e pinacoteche. Le opere sono esposte al visitatore senza mediazioni quali cornici o teche in quanto multipli o oggetti appartenenti a serie. Supervoid, in questa architettura, ha previsto che i poster fossero affissi ai supporti metallici tramite calamite. Infine, la lamiera forata consente di fissare le opere in qualsiasi punto senza modificare in alcun modo il supporto. In questo modo si può riutilizzare per eventi successivi.
Garden Pavilion, Certosa di Pontignano (SI), 2018
La Certosa di Pontignano è un’architettura del XIII secolo, stabile, permanente, fortemente radicata nel territorio. L’intervento del gruppo di architetti invece è effimero, pop up e proprio per questa ragione è accolto nel contesto senza creare disturbo. Il Padiglione Giardino occupa un quarto del chiostro d’ingresso, uno dei quattro cortili interni presenti nel complesso.
La struttura metallica è costituita da un quadrato di dodici metri per dodici in pianta, formato da moduli triangolari. Di questi, due vengono tolti così da conservare l’antico pozzo al centro del chiostro e un enorme cipresso circa al mezzo del padiglione. Delle tende in PVC microforato ne delineano il perimetro, generando un rapporto di semitrasparenza tra interno ed esterno. Il tetto inclinato si erge su un reticolo regolare di colonne.
Atto ad ospitare conferenze, workshop ed eventi, il “Garden Pavilion” si propone di essere al tempo stesso incluso e riconoscibile, rivendicando una sua autonomia.
Borgo La Mistica, Roma, 2016
Questa volta Supervoid inserisce la sua architettura in un intervento di riqualificazione rurale. Situato alla periferia romana, nel sito confluiscono elementi estranei tra loro: trovano infatti spazio rovine, grandi infrastrutture e insediamenti industriali non pianificati. Supervoid cerca un punto d’incontro.
Al fine di raccordare le varie tipologie edilizie presenti, gli architetti pensano ad un portico con pianta rettangolare di centodieci per cinquantacinque metri, peculiare dell’architettura romana. In questo modo, è possibile riunire i vari frammenti del paesaggio così da plasmare un vero e proprio giardino.
The porch acts as a ordering gesture and opens up new relationships between the interior of the buildings.
Nel 2020, in occasione della Triennale di Milano, per la mostra “Lo stato dell’arte dell’architettura” curata dallo studio, in cui vengono confrontati alcuni modelli dei progetti passati, il prototipo del portico sarà tra quelli esposti.
Groundfloor crisis, Biennale Venezia, 2014
1966: anno dell’alluvione di Firenze e Venezia; anno di pubblicazione di Complessità e contraddizioni nell’architettura di Robert Venturi e di L’architettura della città di Aldo Rossi.
È un caso che questi fatti si riuniscano tutti nella stessa annualità. Tuttavia, questa concomitanza ha permesso di guardare con nuovi occhi la struttura urbana e le costruzioni che la plasmano. Il disastro fiorentino consente di valutare obiettivamente tutte le fondazioni urbane.
Water acts as a catalyst: it provides us with a detailed diagnosis of the current condition of the city.
L’acqua, infatti, sale inesorabile, non incontra ostacoli, o quantomeno, nel momento in cui li incontra li inghiotte.
Questo è accaduto il 4 novembre 1966 a Firenze e Venezia.
Come si lega allora in tutto ciò l’intervento dei giovani di Supervoid?
L’attenzione del gruppo si sposta sul piano terra, ciò che è stato interessato dal disastroso accadimento. L’acqua, del resto, si è innalzata fino a costituire un vero e proprio piano di sezione che ridisegna la sostanza architettonica degli edifici colpiti. Oltre ai vari cambiamenti socio-economici in atto in quegli anni, le catastrofi naturali aggiungono un importante elemento di analisi per gli architetti, che appunto proprio su questo tema si trovano ad indagare: la conformazione del piano terra.
Archizines, Venezia, 2013
Globalmente, “Archizines” è un rivoluzionario esempio di mostra di architettura, sempre che si possa definire mostra. Si tratta di un padiglione itinerante che dal 2013 al 2015 ha fatto il giro del mondo portando e arricchendosi di conoscenza. Si potrebbe dire che l’esposizione ha, letteralmente, vagato tra i paesi, essendo la struttura fondante del progetto una ruota. In essa sono posizionate e catalogate novanta pubblicazioni, siano esse riviste o interviste video, provenienti da oltre venti paesi. Ciò che importa è il filo rosso dell’architettura.
The exhibition has been reinterpreted in order to respond to the lack of spaces available for use by students in the city and to limited economic resources.
A Venezia in particolare, dove la ruota lignea si è fermata dal 3 al 18 luglio 2013, l’iniziativa richiama l’antica tradizione delle strutture temporanee collocate negli spazi pubblici. L’operazione mira a rompere i confini tra la cultura, spesso vincolata a luoghi d’élite e di studio, e gli spazi designati alla sfera pubblica, proponendone l’unificazione. È proprio a Venezia che la ruota ha continuato a vagare per la città, individuando così, ogni giorno, un nuovo fondale che accogliesse i lettori.
Il tour si è concluso a Mosca nel 2015 le pubblicazioni, raccolte in corso d’opera, sono state trasferite alla National Art Library del Victoria & Albert Museum. Durante il viaggio si sono svolti vari eventi per approfondire il rapporto tra editoria e architettura.